
I testi raccolti nella silloge Una pistola al Luna Park di Monica Messa delineano uno spazio fiabesco e onirico ma, al tempo stesso, concreto e riconoscibile. Attraverso una serie di ritratti vividi e commoventi, l’autrice conduce il lettore in un contesto dai forti tratti mediterranei con accenti di malinconica “clownerie” tipica delle ambientazioni cinematografiche felliniane.
I personaggi che abitano questo mondo diafano, sfumato eppure così toccante e tangibile, sono figure fragili e spesso indifese che racchiudono in sé traumi profondi e profonde verità. Il racconto delle loro storie tragiche avviene però in sordina; sono storie sussurrate che conservano, tuttavia, un forte impatto emotivo. Nel Luna Park evocato dal libro, c’è odore di agrumi e di mare misto al puzzo della povertà e dell’abbandono: Il suo dolore puzza / lo senti da lontano, / puzza di levante e di randagio / di mancanza e di lattine vuote.
Il paradiso perduto dell’infanzia e il rigurgito delle violenze subite sono il sottotesto di questa città diorama che, come dice Antonio Bux nell’introduzione, è piuttosto un “non luogo” dove tutto diventa irrimediabilmente drammatico. Uso il termine “drammatico” nella sua accezione di “teatrale” poiché Samir, la Bambina di rame e di miele, sua madre, Annarella, Pino sono i protagonisti trasognati e veraci di una rappresentazione allegorica della lotta per la sopravvivenza.
Monica riesce, con parole appartenenti a registri linguistici diversi e un tono che oscilla tra la tristezza e l’ironia, a disegnare i contorni di una realtà periferica eppure ricca di un fascino quasi magico per cui un paese, un paese qualsiasi in cui la gente sceglie da sempre / lo stesso modo di invecchiare è trasfigurato in un mondo totale e totalizzante, un piccolo cosmo prigione, per usare le parole dell’autrice.
Mediante numerosi deragliamenti di senso (i. e. Muore / il binario, un neonato piange / nella roulotte russa.) e immagini con accostamenti desueti (liquami corruschi), la poeta mette in atto una girandola di prospettive da cui guardare questo borgo-mondo antico e moderno, innocente e corrotto, puro e contaminato, seguendo un’andatura “bustrofedica” come lei stessa suggerisce nel primo testo della silloge: Bustrofedico procedi. Sogni / idromele e mescalina.
Sono versi in cammino e lungo il percorso raccontano l’intervallo Fra ciò che resta dentro e ciò che porta fuori.

Monica Messa ha esordito nel 2018 con Poesiole, una raccolta di poesie su vari temi, scritte nell’arco di trent’anni. Ha poi pubblicato Seppie Ripiene – Poesie per poche lire (2018) e Il Logorio della vita moderna (2021). A dicembre 2024 ha pubblicato Una Pistola al Luna Park, Edizioni RP Libri.
Ha partecipato a diversi Festival. Alcune poesie sono state pubblicate in blog, riviste cartacee e online, in antologie nazionali e internazionali.
È stata nella redazione della rivista di poesia “La Vallisa” e “La Confraternita Letteraria”. Alcune poesie sono state tradotte in albanese e in spagnolo. Cura, inoltre, un blog e una Pagina Facebook.