NATALE ANTONIO ROSSI “La riga infinita Romanzo dei romanzi”
(Bertoni 2025) nota di lettura di Tiziana Colusso

Da un lato, La riga infinita – romanzo dei romanzi di Natale Antonio Rossi (Bertoni editore 2025)  sembra discendere direttamente dalle raffinate ricerche ed esperimenti della “letteratura concettuale”, o “conceptual writing”, che poi nel nostro Paese non si è espressa tanto in ambito letterario quando in quello dell’arte visiva, con il mirabile saggio La linea analitica dell’arte moderna,  del teorico dell’arte Filiberto Menna. Nel 1975, nella stagione piena delle neo avanguardie, questo saggio ha cambiato per sempre il nostro modo di guardare ad un’opera d’arte ma anche al mondo stesso, come un vento impetuoso che strappa il sipario delle convenzioni narrative ed estetiche, un po’ come quegli strampalati oggetti pop che erano gli occhiali a raggi-x, che spogliavano il soggetto guardato. In tal senso, la narrazione continuamente iniziata e poi interrotta de La riga infinita crea uno situazione di straniamento per il lettore, che non gli consente di riposare tra morbidi cuscini, come fa invece la letteratura sentimentale, ombelicale o di pura cronaca dei fatti.

Tuttavia, alla destrutturazione formale non corrisponde in questo libro di Natale Antonio Rossi la freddezza stilistica e semantica che era tipica delle arti concettuali, sin dai precursori, come nel celebre quadro di Magritte che rappresenta una pipa con la scritta Ceci n’est pas une pipe; e fino allo scabro minimalismo di certi esempi del Nouveu Roman.

Anzi, a leggere gli incipit fulminei ed essenziali de La riga infinita, si ha comunque l’impressione che in questo “Romanzo dei romanzi” in verità i romanzi ci siano tutti, nascosti nel bianco ingannevole della pagina, che riverbera come uno specchio d’acqua, creando gibigianne: ci sono passioni e tradimenti, ci sono morti che non hanno ragioni, e ragioni che non muoiono, c’è la realtà delle strade e quella altrettanto reale del teatro, ci sono, perfino, dei sentimenti che pudicamente fanno capolino, ma che sanno parlare all’orecchio di chi sa ascoltare i minimi indizi.

La sfida che sembra porre questo libro, e che infatti l’autore ha posto in varie occasioni ai suoi lettori, è di rilanciare i suoi incipit andando a scovare nelle pieghe della pagina, dell’anima o del mondo le storie tutte intere, succose, vere, inaspettate, inascoltate. Natale Antonio Rossi ci istiga ad essere tutti come delle Sherazade, impegnati a estrarre dal mondo del possibile, come da uno scrigno delle meraviglie, ancora un’altra storia, e ancora e ancora.