Cameo critico inedito, da poeta a poeta, di Tiziana Colusso per il libro di MARCO COLLETTI, La materia non esiste, La Vita Felice 2024, letto in un incontro al Salotto Letterario di Olivia Cinnamon Balzar
«Se i fisici producono dell’antimateria, sarà permesso agli artisti, già specialisti in angeli, di dipingerla». Questa frase è di Salvator Dalì ed è contenuta nel “Manifesto dell’antimateria” da lui scritto nel 1958, collegato a una serie di dipinti come la “Madonna cosmica”. Questa frase di Dalì, oltre ad essere una sintesi di tutta la creatività umana, dall’arte sacra alla scienza, mi è cara perché era stata scelta come titolo di una mostra curata negli anni 80 da Francesca Alfano Miglietti, docente di Teoria e metodologia del contemporaneo a Brera, ma soprattutto mia grande amica in quegli anni.
Quando ho iniziato a leggere il libro di Marco Colletti, ho subito trovato evocati i due punti cardine di questa frase di Dalì, sia il binomio materia/antimateria che gli angeli. Un incipit strepitoso (a p.19 del libro)
Se lo specchio avesse un’ala
forse un angelo la spezzerebbe
e dentro mi scruterei muto, dentro
l’onda del tempo che mi trapassa
ancora angeli, guardiani dell’antimateria, a p.37, in un testo che è il mio preferito e di cui leggo alcuni passaggi, per introdurre una mia breve riflessione:
Mi piace pensare che la materia
non esista. Poter camminare
attraversando la gente, i loro corpi
ricami del nulla, come se nessuno
fosse veramente qualcuno
(…)
Il poter vedere attraverso il vuoto
degli atomi. Tutto diventa
pesantemente trasparente.
(…)
Ancora oltre, finché i sensi ormai
abbandonati mi lasciano lieve,
come una statua alata, in bilico
sul ciglio di un ponte. Forse è
questa la natura anche degli angeli.
Qui l’angelo evocato nelle prime righe del libro diventa una statua alata, che è l’autore stesso, sguardo in soggettiva in bilico tra la materia greve della statua e l’antimateria alata. Tutta la prima parte del volume, dove si trovano i testi riuniti sotto l’egida della mente, MENS, è la mia preferita, con qualche richiamo forte nella terza parte SENSUS. Mi trova empatica tutto il viaggio delineato in MENS tra il “Prisma primordiale” (p.62), “il vuoto degli atomi” già nominato, e ancora “i solchi aperti dalle danze degli atomi” (p.25) e più avanti “i sogni sprigionati dalle /scariche elettriche dei neuroni” (p.45). Al tema dei neuroni si lega anche un passaggio di un testo precedente, (a p.22) che sembra riguardare un tema per me molto affascinante, quello dei neuroni-specchio, introdotto poeticamente da Marco Colletti dalle “specchianti particelle” della gibigianna luminosa sul mare:
La pioggia è l’oceano che si dirada
e ci cade addosso, regalandoci
l’intravedere, oltre le migliaia
di specchianti particelle, quello spazio
che solo ci appartiene. L’abbaglio
del vero che si nasconde tra
i riflessi, lo stupore primordiale
di fronte al fulmine della realtà
e dei suoi inganni specchio
(…)
Un altro tema molto intenso nel libro è quello del tempo che non esiste, della realtà che non esiste, per chi è “nato bendato alla materia” (p.62)
Per il “bendato alla materia” ci può essere la consolazione di non essere il solo a pensare, o a voler pensare, che “la materia non esiste”. Max Planck il padre della fisica quantistica, e lo stesso Albert Einstein, portarono alla conoscenza del mondo il fatto che “La materia non esiste, tutto è energia e vibrazione”. Ma già gli iniziati attingevano da secoli a queste verità. In un saggio dello studioso Antonio Casciaro sull’Alchimia, così si parla di questa consapevolezza: “I segni, le figure, i contorni che assumono le cose, gli oggetti, gli esseri viventi, sono strutture momentanee di vibrazione energetica di un flusso in perenne movimento. Quando assurgono ai nostri sensi semplicemente diventano fenomeno. […] Nigredo e albedo sono in perenne movimento: solve et coagula”
Marco Colletti lo dice in maniera sintetica e poetica, quando parla (a p.120) dell’”Intermittenza dell’onda universale”.
Questo volume è tecnicamente un “libro d’esordio”, in quanto l’autore non ha pubblicato prima di ora poesia in volume: ma come si capisce sin dalle prime pagine, qui l’autore nasce già intero e formato, come una Minerva poetica, con alle spalle una lunga evoluzione e macerazione condotta nel pensiero, nella vita e nella scrittura.
Per concludere, dopo aver estratto frammenti come pepite dal testo di Marco, vorrei leggere tutto intero il breve testo di pagina 61, che è quello che mi commuove di più, non so dire perché, forse è qualche segnale dalle profondità cosmiche e karmiche, vi lascio leggendolo e vi chiedo di immaginarlo con il sottofondo della canzone di Battiato, cantata con Alice, “La Realtà non esiste”. E non solo per l’assonanza del titolo, ma anche e soprattutto per la corrispondenza poetica tra i temi e le risonanze.
Ieri notte mi è capitato di sognare
il vuoto e l’ho abbracciato come
un’anima volata in cielo. Nel silenzio
ne abbiamo parlato di quel viaggio
chiamato giorno, di quel treno che
non ho mai preso e che aspetto,
disoccupato doganiere.
Oggi, nella siepe dei pensieri
ho trovato una scaglia di vetro
e le ho dato nome realtà.